La crisi, le rinnovabili e lo shale gas. Tre fenomeni si sono abbattuti sul contesto elettrico europeo, oggi più fosco e indecifrabile che mai.
Iniziamo con ordine : la crisi. Nessun economista l’aveva vista arrivare. Figuriamoci se era stata prevista dagli operatori elettrici del vecchio continente. Eppure gli investimenti nel settore sono quanto di più a lungo termine possa esistere. Piani di ammortamento decennali, idem per il ciclo di vita degli impianti e per un qualsiasi business plan che si rispetti : « a lungo termine » il concetto chiave, « pianificare » il verbo strategico. Su cosa bisogna avere le idee più chiare possibili ? sulla domanda, ovviamente ! Non esiste infatti nessun settore industriale con la peculiarità dell’energia elettrica : impossibile immagazzinarla, non sappiamo ancora stoccarla sul serio. L’offerta dev’essere quindi costantemente uguale alla domanda. Qualcuno ha già mostrato il paradosso del settore elettrico « se la domanda supera l’offerta, quest’ultima scompare ». Prevedere la domanda é quindi fondamentale per qualsiasi strategia. Poi pero’ arriva la crisi, la domanda crolla e il risultato é un’overcapacity generalizzata. Impianti che funzionano troppo poco e fattori di carico troppo bassi per ripagare gli investimenti fatti. In poche parole, se la centrale é spenta la più parte del tempo, e il prezzo sul mercato é troppo basso, diventa complicato ammortizzare il capitale investito. Questo é ancora più vero in Italia dove, dopo l’apertura alla concorrenza e lo spezzettamento di Enel, abbiamo assistito a grandi investimenti per migliorare efficacia degli impianti e per costruirne di nuovi. Effetto che in un primo tempo poteva sembrare salutare, un nuovo parco centrali, modernissimo e all’avanguardia, ma che si é rivelato una grande spada di damocle a causa di una disproporzionata capacità produttiva rispetto alla domanda del paese. Chi vuole farsi due risate dia un’occhiata ai dati di Terna. Pensate che addirittura qualcuno voleva costruire 4 nuovi EPR nucleari! Tutti hanno investito in nuove centrali a cico combinato a gas, quanto di meglio possa esistere per il settore del termoelettrico. “Il gas naturale é il futurodella generazione elettrica”, si diceva. Eppure le previsioni non si sono, per ora, avverate esattamente. Una CCGT per essere redditizia e competitiva deve funzionare per almeno 5000 ore sulle 8760 annuali e ad oggi in molti stanno sotto i 3000. Di chi é allora la responsabilità? Dei volumi richiesti e anche dei prezzi del mercato. Quindi anche di rinnovabili e del gas non convenzionale degli Stati Uniti. Passiamo quindi al secondo fenomeno evidenziatosi negli ultimi anni: le rinnovabili. Abbiamo accolto con meraviglia gli ultimi dati sulla contribuzione di eolico e solare, in Europa e in Italia (qui i dati GSE), ci siamo detti più volte che sono già stati rispettati gli obiettivi del 20-20-20 ma anche che si é drogato un mercato e che é avvenuto un trasferimento di ricchezze dai consumatori europei ai produttori cinesi, soprattutto per il fotovoltaico. Ma qual é l’impatto di queste energie, ricordiamolo intermittenti e non programmabili, sul mercato? Il mercato elettrico si costruisce giorno per giorno con un merit order, basato sul costo marginale di produzione delle centrali per un’allocazione efficiente delle risorse. Le rinnovabili hanno, giustamente, priorità di immissione in rete, garantita dalla legge, ma anche dal fatto che il loro costo marginale di produzione é zero. Se c’é vento le pale girano, se c’é sole i pannelli producono e quell’energia viene messa in rete. Nella costruzione dell’ offerta sul mercato, basato sull’ordine di merito, la prima fetta va dunque assegnata a queste fonti non programmabili. Un 5-10-15% della base elettrica é quindi fornita da un’energia, giustamente ma sproporzionatamente, sovvenzionata. Il loro costo, il loro “merito” non conta, la loro produzione é immessa in rete sempre e comunque. Per tutti gli altri, termoelettrici soprattutto, questo significa ch la curva si sposta e chi prima veniva chiamato a produrre, adesso probabilmente rimane fuori. É questo il caso dei produttori che utilizzano il gas naturale per fornire elettricità sulla rete. Le turbine a gas (le CCGT) sono il mezzo ad oggi più costoso in Europa. Il prezzo del mercato é inferiore al loro costo marginale,quindi o restano spente, o molto semplicemente come spesso avviene i produttori perdono soldi per produrre elettricità. Questo perché in Europa il gas é troppo costoso. Perché é importato e venduto su contratti a lungo termine indicizzati al petrolio per ragioni, diciamo cosi, storiche. Il petrolio é caro, il gas lo segue. La stessa cosa non é vera pero’ negli Stati Uniti. Veniamo cosi’ al terzo fenomeno: il gas di scisto. Nel 2008 le nuove tecniche di fratturazione idraulica, permettono lo sfruttamento e l’estrazione di un gas non convenzionale “intrappolato” nella roccia. Foraggi orizzontali e, soprattutto, iniezioni ad alta pressione di grandi quantità d’acqua, combinata con simpatici elementi chimici, hanno permesso di estrarre enormi quantità di gas naturale e, spesso, anche di nuovo petrolio. In Europa é per adesso vietat fare ricorso a questa tecnica di estrazione, giudicata pericolosa per l’ambiente. In America si é proprietari del sottosuolo e si fora. Quale l’effetto: le riserve raddoppiano, l’offerta aumenta a dismisura, il prezzo crolla. Niente correlazione al petrolio in contratti a lungo termine, in America il gas é venduto su hub con grandi liquidità (l’Henry Hub in Louisiana é il mercato gasiero con più transazioni). Il gas costa quindi pochissimo e, di conseguenza, produrre elettricità con il gas costa quindi molto meno che da noi. Cosa succede allora? Che se prima del 2008 negli States il 50% circa dell’energia elettrica era prodotto dalle centrali a carbone, oggi il gas s’è ripreso il suo posto, mandando fuori mercato il carbone. Il prezzo del carbone americano crolla, e dalla costa del nord est americano dove arriva? In Europa ovviamente! I tedeschi vogliono uscire dal nucleare, il prezzo della CO2 é, purtroppo, crollato, e allora si costruiscono nuove centrali a carbone. Niente più gas, niente energia a basso tenore di CO2, oggi in Europa il prezzo dell’elettricità lo fa il carbone. Il Financial Times ha spiegato qualche giorno fa questo fenomeno.
Questo é quindi lo scenario, fosco, dell’Europa elettrica. Poca domanda, prezzi bassi e carbone dominante. Quale transizione energetica?Chi deve tirare fuori i soldi per investire sulle reti di trasporto? Se qualcuno ha la risposta si faccia avanti.